venerdì 6 luglio 2007

10 anni dopo... Macchiagodena

Tornare in un posto a distanza di anni fa sempre un certo effetto. Tornare in un posto che è stato una delle tappe più importanti della propria crescita, lo è ancora di più. Tornare in un posto dove ho fatto il mio primo campo di lavoro, come "aiutante organizzatore dei campi", è un po' sconvolgente. Molti di voi infatti non lo sanno, ma nel lontano 1997 (almeno facendo riferimento a mondiali ed europei mi pare fosse quell'anno) un gruppo di pionieri pisani guidati da un folle con la barba partì per aiutare Don Franco nel suo sogno: costruire, o meglio, ricostruire il villaggio S. Nicola nella parte ormai abbandonata del paese per farne un centro a disposizione dell'intera comunità. Fra lavoro, divertimento e pazzie (fra cui ne spiccano di inenarrabili dell'autore del blog che state leggendo) si formò un gruppo che ancora oggi è unito come allora. Qualcuno che fece il campo anni dopo pensò addirittura di intitolare al paesino molisano la propria squadra di Fantacalcio (cosa fra le più preziose al mondo): e fu Macchia Dortmund. Ma questo è il passato.

Il presente invece racconta di Carlo, 50 anni sulla carta d'dentità, ma l'impegno di un ventenne, per questo turno unico volontario presente al campo, persona incredibile per cortesia e disponibilità: un uomo d'altri tempi. Vicentino che cerca di parlare in veneto con i molisani e accanito lettore de "La Repubblica". Di Antonio (ancora lì dopo 10 anni!) e Crescenzo, infaticabili muratori, compagni di lavoro meravigliosi, seri e professionali, ma sempre pronti allo scherzo e alla battuta. Di Liberato, forse il maggiore artefice della ricostruzione, sempre generoso anche con i volontari, che se n'è andato in maniera assurda forse perché, come dice Don Franco "qualcuno lassù aveva bisogno di costruire qualcosa". Poi Don Franco appunto, un vulcano di energia (10 anni fa era molto più sulle sue), un cuoco di altissimo livello, che in questi anni ha visto passare volontari di tutti i tipi e ha voluto che fosse proprio il volontariato il valore aggiunto del progetto. Qualcuno all'inizio non ci credeva, guardava male questi ragazzi mal vestiti e sporchi di polvere che giravano in piazza. Ma con gli anni anche la mentalità di un piccolo borgo cambia, ora le signore chiedono "ma quando arrivano i volontari? da dove vengono?".

Io nonostante la fatica del giorno prima non ho resistito a passare 8 ore in cantiere (dal quale tra l'altro si vede un panorama mozzafiato) con pala, piccone, cazzuole, le mitiche e indimenticabili carriole, la malta. Ad alzare una pietra di 200 kg, a rinfrescarsi dal caldo, a spostare e ripulire.
Nei prossimi turni arriveranno ragazzi e ragazze da Belgio, Germania e Austria a lavorare per tre settimane, portando avanti il lavoro fatto finora e preparando la strada per chi verrà.


Ora però Roma, la capitale mi aspetta col suo traffico impossibile, dove le biciclette sono merce rara. Sarà peggio dei viadotti molisani. Vi racconterò!


Alla prossima


p.s. alcune dimenticanze dei giorni scorsi per la fretta e per gli impegni:

auguri a mi pà, kelo e soprattutto all'Egregio Illustrissimo sua Eminenza Dottore di sti c...... Andrea Matiz!!!!

70 km controvento!

Uè carissimi! dopo qualche post della regia, rieccomi a scrivere direttamente da una postazione internet vicino alla stazione di Isernia. Qui sono arrivato grazie alla gentilezza di Carlo, volontario di Vicenza che ha caricato la mia bici in macchina, dopo aver visto la mia poca forma mattutina causata una notte agitata per postumi della lauta cena di ieri. Ma davanti alla cucina di Don Franco, parroco di Macchiagodena e anima del progetto, anche uno stracchino come me non si può tirare indietro. Alle 15:11 ho il treno che mi porterà a Roma, ma intanto è il momento di raccontarvi di questi ultimi tre giorni vissuti in terra molisana.

Guardialfiera-Macchiagodena
Da programma era una delle tappe più dure del giro, uno spauracchio anche per i ciclisti più allenati, una specie di Cima Coppi, e così è stato. Soprattutto anche perchè il mio augurio del post passato ("sperando nella clemenza del vento") è stato completamente ignorato dai miei santi protettori, che, forse per divertirsi dall'alto a vedermi faticare e imprecare, mi hanno regalato 70 km di vento contrario! Partenza con tutta calma alle 10 da Guardialfiera, tipico paesino molisano con signore sedute sulle sedie fuori dalla porta, chiavi lasciate nella serratura e cani che dormono sull'uscio. Un salto al tabacchi del paese per comprare cartoline, giornali e frutta (!), un'ultimo sguardo al lago e poi via, si parte. Iniziano i maledetti viadotti, alcuni interminabili, operai stradali mi implorano di fermarmi, io sorrido loro e continuo. Il vento è fortissimo, la bandiera IBO sventola che è un piacere, ma anche i tratti in discesa diventano pianura (non come le scarpe da Angelo...), faccio pochi kilometri poi mi fermo. Penso che non arriverò mai, mancano ancora una vita a Macchiagodena e sono già cotto. Vedo passare camioncini con pianali vuoti e sogno che qualcuno si fermi vedondomi pedalare a vuoto, ma sarebbe una sconfitta. In compenso il paesaggio attorno è bellissimo, incredibile, la statale 647 passa in una gola con ai lati colline e montagne aalla sommità delle quali sono arroccati in modo impensabile paesini dai nomi più strani. Nonostante qualcuno (che ne è originario) mi abbia intimato di non dirlo, io lo dico: il Molise è bello! Le città certo non sono il massimo e per i giovani offrono poco, ma come natura e territorio ha poco da invidiare a regioni più conosciute. Comunque, la fatica si fa sentire. Mi fermo per vedere se il mio santo protettore può fare qualcosa, niente, il vento continua e intanto le mie chiappe non ce la fanno più. Poi la strada si avvicina a Bojano, improvvisamente appaiono gli Appenini, uno spettacolo meraviglioso. Vedo Campitello Matese, più di 2000 s.l.m.

Fortunatamente non devo salire lassù, ma anche Macchiagodena non scherza (864 s.l.m.!). Inizia la salita, vedo Macchiagodena dal basso e mi sembra lontanissima, come consigliano in TV al Giro, vado del mio passo. Ma fa freddo, metto il k-way e ricorro ai vecchi metodi del ciclismo: giornale (il Corriere, al Manifesto non lo farei mai...) sotto la maglia. Ecco il cartello, sono arrivato. Ultimo tornante e vedo l'asilo che accoglie i volontari: dopo 12 anni sono di nuovo qua. E' tutto uguale e tutto è cambiato.

Un grande saluto e un grazie per i commenti a tutti i volontari in SCV con IBO in Kenya, Romania e India. Putroppo non ci siamo sentiti molti durante l'anno, ma sono contento che il blog possa essere un mezzo per avvicinare le distanze. A presto.

Un saluto a tutti.
Alla prossima


PER TUTTI I LETTORI:

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Venerdì 6 luglio 2007
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